1849: Incendio a Isolaccia |
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Era il 16 Marzo dell'anno 1849, quando, nel piccolo paesino di Isolaccia che contava all'incirca 200 abitanti, alle ore otto e venti della sera, mentre tutti gli abitanti giacevano nel sonno scoppiò un brutale incendio. Qui sotto riportiamo uno dei pochissimi documenti dell'epoca, scritto in un italiano arcaico misto al dialetto locale, dove un abitante del paesino racconta cosa successe. |
Ed oh! Orrido e lagrimevoi spettacol m pure d'Isolacela, quando venne data in preda
alle fiamme per la seconda volta; fu questa una Frazione piccola abitata da duecento
cinquanta abitanti, posta nel Comune di Valle di Dentro Distretto di Bormio Provincia di Sondrio,
Regno Lombardo Veneto sotto il Regime dell' I. R.o Governatore Ferdinando
primo D'Austria. Volgea punto l'anno 1849 li 16 Marzo, quando si trovava in un florido e pacifico stato; ognuni vivevano colle proprie sostanze, parte di esse avute in Patrimonio de' loro antenati parte colle proprie fatiche procacciate. Quando innoridisco a dirlo! a ore otto minuti venti di notte dell'istesso giorno in quell'istante appunto che gli abitanti di questa frazione si giacevano saporitamente in placido sonno, oh spavento! un insolito fuoco si alza dalla a degli eredi fu Gio: Ponti, posta quasi in calce del paese a sera. Opinano la massima parte che una donna semipazza che in questa casa abitava, avesse riscaldata la stufa senza i debiti modi, e senza criterio; altri che fosse stato in causa d'un legnetto che andava a riferire nel camino che a poco, a poco avesse portato il fuoco nel pavimento della stanza di sopra. Oh! Supremo Giudice degli uomini, intanto il fuoco nè rimase il padrone quando ecco appena la fiamma si rese visibile da alcuni repentini melanconici gridi d'aiuto, da tutti s'intendono, si odono pure le campane a stomo, ed a questi segni e clamori si destano, ma sonnolenti non sanno attribuire la cagione. Trascorsi alcuni minuti odon tutti, quantunque sonnacchiosi un richiamo di squillo. Attoniti e spaventati i capi di famiglia sortono dalle coltri, e semignudi ne rimirano le loro fìnestre sfavellanti pel chiarore del fuoco, e la feral cagione rimirano; e quasi rapiti fùor di sé stessi prendono la loro ignuda e sonnolente prole ed escano fuori dalle loro case, altri di loro correre negli ovili e fùor cacciare il lor gregge, ed altri al riparo. Raddoppiansi le grida i parvoli, e le madri mandan femminil lamento, e gemiti confusi, nel rumor del fuoco, nel soffiar da uragoni venti, e muggir de' buoi molti de' fanciulli andar raminghi per le vie, ed in preda ai pianti, si vedon la virile gioventù salire i tetti dai vicini onde metter riparo coll'aqua al fuoco sterminatore, ma tosto venivano respinti mentre la fiamma s'affacciava a lor volti, molti vecchi quasi rimbambiti si ramavano di qua e di là frettolosi ma a nessun scopo intenti; altri intenti a cavar fuori delle case tutto che avevavi di più prezioso. Ah miserando spettacolo! nel continuo soffiar de' venti terribil spingeva in un momento le fiamme nei vicini tetti, ed il claror di questi si faceva rumore, ed un rimbombante fracasso per l'aere spingendo un tenebroso caligine a guisa di profonda voragine, fìaché per tutta la valle risplendea un chiarore di modo che nell'angolo più rimoto d'essa si potè vedere a leggere quantunque quella notte fosse giacente di folte tenebre, principalmente perché la natura a meno di qualche situazione tutta era coperta di una candida veste. Più nulla affatto le fiamme seguivano in alto ma piatte piatte dal furibondo austro spinte appicavano dovunque il fuoco; sicché in un quarticello d'ora signoreggiava le fiamme su tutte le case ed inutile ne riusciva ogni tentativo; attorniandole a guisa di rapide onde e nessuno vi potè entrarvi. Oh misericordia! a tal vista mi parve di vedere un piccolo inferno tutto accesso d'ardenti fiamme. Quantità di gente valorosi concorreva d'ambi i paesi affine di metter riparo a tale eccidio, ma ogni lor tentativo ne riusciva vano. Di già il tempio di Dio era in preda al fuoco esterminatore; l'oratorio dei contratelli anch'esso che ivi erano depositati i più preziosi paramenti come fu di un magnifico Stendardo, l'effìge della taumaturga Vergine del Cannine, con trono, veste e manto, l'altare eretto sotto il Patrocinatore San Giuseppe scolpito in modo che non si vide quasi il simile per sue bellezze, più due magnifiche ceramiche di fresco fabbricate. Tutto questo in pochi momenti fu ridotto tutto in cenere, senza poter dai circostanti giovare pel prezzo di un centesimo, il domicilio del ministro era in preda alle fiamme più ardenti, quand'egli semignudo sortendo, e frettoloso entrato nel tempio per sottrarre ad un tale eccidio il SS.mo Sacramento e tutto che avevavi di più prezioso, ed a quest'opera concorse anche il R.do Parroco di Semogo; ma a nulla riuscivano perché i più preziosi drappi erano chiusi da altri coadiutori del Tempia istesso, ed essi pure si trattenevano in quello in estasi quasi rapiti fuor di sé stessi, levarono il SS.mo Sacramento e nell'interno della Chiesa diedero la Santissima Benedizione, e frettolosi dovettero depositare il Sacramento nel tabernacolo, non potendo più resistere del calor delle fiamme; e per l'intenso fumo che in questo luogo era rinchiuso. Da ultimo veduto inutile ogni tentativo dovettero una massima parte ritirarsi in alcune poche case in capo al paese, ed altri nel fondo di questo, reso spinti delle fiamme stesse, e tanta folla di gente si diedero a salvare sei case in capo al paese, e due nel fondo che sono alquanto lontane dalle altre, che in realtà furono queste preservate contro l'impeto del fuoco. Quand'ecco si videro a Pedenosso benché vi sia la distanza d'un miglio circa, accese del fuoco divoratore alcune case; dovettero i riparatori correre frettolosi al riparo, che se non fossero stati valorosi, il fuoco ne sarebbe stato il padrone d'una grant parte di esso. Oh fatale sterminio! Oh disavventurata Isolacela, Oh abitanti degni di compassione! in due ore questa sen giaceva sepolta nelle cenere ardenti, ed intenta ancora a divorare le parti più inteme e segreti nascondigli delle Case che continuò per ben dieci giorni. Al primo alloggiar di questi poveri abitanti, si trovavano esposti colla loro prole ai rigor del freddo, privi di viveri, di ricovero, e di panni nei quali involgersi, il gregge pure sen stava disperso qua e là pei campi mughiando. Tuttavia in tale frangente la fraterna carità si mostrò più d'ogni altra occasione generosa, poiché in quell'istesso giorno erano tutti a ricovero, erano tutti sattolati, coperti furono ignudi e semivestiti, ricoverandosi in quelle otto Case avanzate dal fuoco; per dono supremo dell'Altissimo Dio neppure una creatura restò preda di quell'incendio. Il bestiame bovino fu intieramente sottratto a tale sterminio, la massima parte del minuto gregge restowi abbrostolito. Ecco l'intiera scena funestissima accaduta in Isolacela li 16 Marzo 1849. Oh! terribile flagello. Oh! sterminio d'inconsiderabil riparazione San Floriano protettore del fuoco, difendetemi da simil flagello. |
Proprio a causa di questo incendio numerosissimi dei documenti del paese sono andati persi infatti, andò completamente distrutta dalle fiamme la casa parrocchiale che costituiva un archivio preziosissimo. |